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MANCATO PAGAMENTO DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO: CONSEGUENZE CIVILI E PENALI

L’ordinamento giuridico italiano stabilisce per ogni genitore/coniuge di rispettare l’obbligo costituzionale di mantenimento, assistenza, istruzione ed assistenza dei genitori per i figli.

Nel caso in cui una coppia si separa, il giudice che pronuncia la separazione fissa la misura e il modo in cui ciascuno di loro deve contribuire e stabilisce il diritto di ricevere dall’altro coniuge ciò che è necessario per la sua conservazione, se non ha un reddito proprio adeguato, per il coniuge a chi la separazione non è esigibile, determinando anche in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, l’entità di tale somministrazione (artt. 337-ter e 156 c.c.).

 

L’inadempimento dell’obbligo del mantenimento rileva sia in sede civile, attraverso le tutele apprestate al coniuge e ai figli aventi diritto al pagamento dell’assegno, dalle disposizioni generali in materia di esecuzione e dai rimedi approntati dall’art. 156 c.c., che in sede penale, con le apposite conseguenze previste dall’art. 570 c.p., come di seguito descritte più nel dettaglio:

CONSEGUENZE CIVILI 

 

Nel caso di inadempimento dell’obbligo di mantenere l’altro coniuge e/o i figli, i soggetti aventi diritto alla prestazione economica possono adire il giudice al fine di ottenere:

 

  • Ordine di pagamento diretto. Il giudice ordina ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all’obbligato (come, ad esempio, il datore di lavoro o l’Inps) che una parte di queste venga distratta agli aventi diritto. Relativamente al quantum, dottrina e giurisprudenza ritengono che la parte dei crediti vantati debba rispondere all’esigenza di evitare la privazione del sostentamento degli aventi diritto, ma è potere del giudice disporre anche il pagamento diretto della somma intera dovuta dal terzo, ove ciò realizzi l’assetto economico fissato con la separazione o il divorzio. Esso va richiesto con ricorso al giudice del luogo di residenza del soggetto a favore del quale l’obbligazione va eseguita, da presentarsi dietro necessaria assistenza di un procuratore munito di procura speciale. Ad esso vanno allegati lo stato di famiglia e di residenza dei coniugi e la copia autentica del verbale di separazione consensuale omologata o della sentenza di separazione.

 

  • Sequestro. Il giudice può anche disporre il sequestro di parte dei beni dell’obbligato, previsto sia dall’art. 156 c.c. che dall’art. 8, ultimo comma, della Legge sul divorzio (n. 898/1970). Si tratta di un provvedimento di natura non cautelare che, a differenza del sequestro conservativo, presuppone l’esistenza di un credito già dichiarato anche in via provvisoria e non richiede il periculum in mora. Esso va richiesto con la stessa procedura prevista per l’ordine di pagamento diretto.

 

  • Ritiro del passaporto. Il giudice può anche disporre il ritiro del passaporto al coniuge obbligato al mantenimento. Il suo presupposto va rinvenuto nella circostanza che, laddove due coniugi abbiano figli minori, ognuno di essi, per poter espatriare, deve essere autorizzato dall’altro o, in mancanza, dal giudice tutelare. Se il consenso è già stato dato, ciò che occorre fare, se si vuole tutelare in tal modo le proprie ragioni, è recarsi presso la questura di riferimento e rilasciare una semplice dichiarazione. Il genitore al quale è stato negato o revocato il passaporto potrà tuttavia rivolgersi al giudice tutelare. In tal caso, quest’ultimo convocherà dinanzi a sé le parti e valuterà l’opportunità di autorizzare comunque l’espatrio, anche solo in via temporanea.

 

È da precisare, infine, che, nei casi di separazione e divorzio le condanne al pagamento di somme relative agli obblighi di mantenimento, ancorché stabilite in via provvisoria, sono caratterizzate dall’immediata esecutorietà, rappresentando conseguentemente titoli esecutivi in virtù dei quali gli aventi diritto possono agire per la riscossione delle somme spettanti, potendo altresì aggredire, in caso di inadempienza, anche i beni dell’obbligato con il pignoramento (mobiliare o immobiliare) per le somme via via maturate.

 

Nei cadi di impossibilità o grave difficoltà di far fronte al versamento dell’assegno di mantenimento, la legge conferisce al coniuge obbligato la possibilità di chiedere la modifica e/o la revisione del quantum.

CONSEGUENZE PENALI

 

L’inadempimento costituisce, altresì, reato penale, entro i limiti fissati dall’art. 570 c.p., modificato dal D. Lgs. n. 154/2013, che sanziona chiunque “si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge” con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da € 103,00 fino a € 1.032,00, stabilendo l’applicabilità congiunta di dette pene a chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.

 

Si tratta, pertanto, di un reato che si configura non già in presenza di una qualsiasi omissione di pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice ma quando tale omissione priva materialmente il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, determinando una condizione di disagio tale da mettere in difficoltà gli aventi diritto in ordine alle primarie esigenze della vita.

 

In merito alle conseguenze penali derivanti dall’omesso pagamento a favore del coniuge, è pacifico in giurisprudenza e dottrina che, oltre alla verifica in ordine all’effettiva capacità dell’obbligato di adempiere all’obbligazione giudizialmente imposta (ad esempio, nel caso in cui lo stesso versi in stato di disoccupazione e abbia un’indennità insufficiente a provvedere al mantenimento), occorre accertare se l’omissione abbia fatto venire meno effettivamente i mezzi di sussistenza e se la violazione sia volontaria e non imputabile all’oggettiva impossibilità.

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