L’ordinamento giuridico italiano stabilisce per ogni genitore/coniuge di rispettare l’obbligo costituzionale di mantenimento, assistenza, istruzione ed assistenza dei genitori per i figli.
Nel caso in cui una coppia si separa, il giudice che pronuncia la separazione fissa la misura e il modo in cui ciascuno di loro deve contribuire e stabilisce il diritto di ricevere dall’altro coniuge ciò che è necessario per la sua conservazione, se non ha un reddito proprio adeguato, per il coniuge a chi la separazione non è esigibile, determinando anche in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, l’entità di tale somministrazione (artt. 337-ter e 156 c.c.).
L’inadempimento dell’obbligo del mantenimento rileva sia in sede civile, attraverso le tutele apprestate al coniuge e ai figli aventi diritto al pagamento dell’assegno, dalle disposizioni generali in materia di esecuzione e dai rimedi approntati dall’art. 156 c.c., che in sede penale, con le apposite conseguenze previste dall’art. 570 c.p., come di seguito descritte più nel dettaglio:
Nel caso di inadempimento dell’obbligo di mantenere l’altro coniuge e/o i figli, i soggetti aventi diritto alla prestazione economica possono adire il giudice al fine di ottenere:
È da precisare, infine, che, nei casi di separazione e divorzio le condanne al pagamento di somme relative agli obblighi di mantenimento, ancorché stabilite in via provvisoria, sono caratterizzate dall’immediata esecutorietà, rappresentando conseguentemente titoli esecutivi in virtù dei quali gli aventi diritto possono agire per la riscossione delle somme spettanti, potendo altresì aggredire, in caso di inadempienza, anche i beni dell’obbligato con il pignoramento (mobiliare o immobiliare) per le somme via via maturate.
Nei cadi di impossibilità o grave difficoltà di far fronte al versamento dell’assegno di mantenimento, la legge conferisce al coniuge obbligato la possibilità di chiedere la modifica e/o la revisione del quantum.
L’inadempimento costituisce, altresì, reato penale, entro i limiti fissati dall’art. 570 c.p., modificato dal D. Lgs. n. 154/2013, che sanziona chiunque “si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge” con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da € 103,00 fino a € 1.032,00, stabilendo l’applicabilità congiunta di dette pene a chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.
Si tratta, pertanto, di un reato che si configura non già in presenza di una qualsiasi omissione di pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice ma quando tale omissione priva materialmente il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, determinando una condizione di disagio tale da mettere in difficoltà gli aventi diritto in ordine alle primarie esigenze della vita.
In merito alle conseguenze penali derivanti dall’omesso pagamento a favore del coniuge, è pacifico in giurisprudenza e dottrina che, oltre alla verifica in ordine all’effettiva capacità dell’obbligato di adempiere all’obbligazione giudizialmente imposta (ad esempio, nel caso in cui lo stesso versi in stato di disoccupazione e abbia un’indennità insufficiente a provvedere al mantenimento), occorre accertare se l’omissione abbia fatto venire meno effettivamente i mezzi di sussistenza e se la violazione sia volontaria e non imputabile all’oggettiva impossibilità.